Romanzo di Harriet Beecher-Stowe, pubblicato a puntate su
"The National Era" nel 1851 e in volume nel 1952. Letto e tradotto ancor oggi in
tutte le lingue, fu, a suo tempo, un libro che fece scalpore, un'arma potente e
decisiva del drammatico conflitto scatenatosi in America pro e contro
l'abolizione della schiavitù, sollevando negli uni commozione, negli
altri indignazione. Particolarmente aggiornata sulle disgraziate condizioni
degli schiavi neri nello Stato del Kentucky, prossimo alla sua residenza di
Cincinnati, l'autrice ne diede un quadro agghiacciante. Era appena stata
promulgata la legge che imponeva la denunzia degli schiavi fuggiti dalle
piantagioni; sorsero polemiche violentissime, si passò dalle discussioni
alle minacce, sinché quest'ultime, nello spazio di pochi anni,
culminarono nella guerra civile (1861-65), dalla quale risultò
l'abolizione della schiavitù negli Stati Uniti. L'opera trionfò e
Abramo Lincoln poté definire la sua autrice "la piccola donna che vinse
la guerra". Artisticamente il libro ha invece un'importanza assai minore:
l'accento paternalistico appesantisce la pagina, fino a farla talora scadere nel
sentimentalismo più trito. È, comunque, perennemente sostenuto
dall'impeto della ribellione morale e dall'impegno civile per i diritti umani
che ispirano l'autrice. Si tratta della storia di Tom, schiavo negro, di grande
finezza d'animo. Il suo buon padrone è costretto a venderlo in seguito ad
alcuni dissesti economici. Tom passa così, come una qualunque merce di
scambio, da un padrone a un altro, fino a capitare nelle mani del peggiore, che
arriverà a ucciderlo a bastonate. Nella sua penosa e terribile odissea il
buono schiavo è protagonista e testimone di episodi di orribile
crudeltà. Il suo antico padrone interviene "in extremis" per ricondurlo
alle condizioni umane di un tempo, ma trova soltanto una creatura morente che
perdona anche i suoi uccisori. Ai nostri giorni l'espressione "zio Tom" ha
assunto una sfumatura dispregiativa o comunque limitativa, almeno negli ambienti
radicali, per indicare persone o azioni di scarsa incidenza sul piano della
lotta per la parità razziale.